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Micelle: nanostrutture multifunzionali e versatili

Cosa hanno in comune lo struccante, il detersivo e le recenti terapie antitumorali? Mada Advances è qui per spiegarvelo: questi prodotti possono essere costituiti da particolari strutture chimiche tensioattive, che comprendono micelle e liposomi.


Le micelle in cosmetica


Le micelle sono entità chimiche microscopiche, di forma sferica, cilindrica o lamellare, che hanno origine quando molecole di sapone, o detergente, vengono mescolate con l’acqua.

I saponi, come tante altre sostanze chimiche dette “anfifiliche”, contengono congiuntamente gruppi di atomi dotati di caratteristiche idrofile (solubili in ’acqua) e idrofobiche (non solubili in acqua). Queste molecole dalla doppia natura, spesso sono costituite da una parte polare detta “testa” e una sezione apolare (spesso di natura idrocarburica) denominata “coda” (Figura 1). Una volta a contatto con una soluzione acquosa e superata una certa concentrazione (concentrazione micellare critica), queste sostanze si dispongono con le teste polari rivolte verso il solvente, che spesso è l’acqua, mentre le code apolari si rivolgono verso l’interno, così da restare a stretto contatto tra loro e minimizzare la superficie di contatto tra le catene idrofobiche e l'acqua

Insomma soprattutto in chimica, vale moltissimo il famoso detto di Cicerone “il simile va con il simile”. Questo comportamento chimico all’apparenza molto semplice, quasi scontato, è di vitale importanza nell’igiene quotidiana.







Figura 1. Differenza strutturale tra una micella ed un liposoma.








Sappiamo tutti che quando ci laviamo le mani, per rimuovere meglio lo sporco, dobbiamo aggiungere il sapone, sfregare bene e sciacquare con acqua calda. La sola acqua corrente non ha lo stesso effetto detergente, poiché le particelle di sporco depositate sulla nostra pelle sono idrofobiche, pertanto non amano l’acqua e non vi si sciolgono. Detergenti, saponi e sostanze tensi


oattive (sostanze che abbassano la tensione superficiale di un liquido, favorendo la miscibilità di fluidi diversi), una volta mescolati con il solvente hanno un effetto emulsionante, ovvero formando micelle, possono inglobare al loro interno particelle di sporco, grassi e oli, che successivamente vengono rimossi con il risciacquo. Lo stesso principio è utilizzato dall’industria dei detersivi per rimuovere le macchie incrostate sui nostri vestiti e nella cosmetica, come negli struccanti o nelle acque micellari che molte ragazze utilizzano per rimuovere ogni traccia di make-up.



Micelle e liposomi nel "Drug delivery"


Le micelle però, soprattutto nell’ultimo decennio, vengono utilizzate per scopi che vanno ben oltre la semplice pulizia, tanto da rivestire un ruolo importantissimo nel campo medico-farmaceutico del drug delivery, ovvero la veicolazione dei farmaci. In base alle caratteristiche chimico-fisiche di un composto terapeutico, possiamo decidere se utilizzare le micelle o liposomi. Questi ultimi, sono delle vere e proprie "vescicole", possiedono un doppio strato di fosfolipidi (Figura 1) e normalmente, racchiudono al loro interno un nucleo di soluzione acquosa. Questi sistemi particellari sono nanovettori (hanno dimensioni comprese tra i 10 e i 100 nanometri) che contengono un principio attivo disperso, incapsulato o legato alla loro superficie. Il loro utilizzo è applicabile in vari campi della nanomedicina, come il trasporto di farmaci, acidi nucleici (DNA o RNA), proteine e molecole antivirali.


Sono spesso realizzati con materiali polimerici biocompatibili, biodegradabili e rivestibili con molteplici gruppi funzionali per garantire la direzionalità specifica degli aggregati. Il design di queste piccole strutture può essere messo a punto in laboratorio a seconda di quale sia il loro target finale, questo permette ad esempio di concentrare un principio attivo solo dove necessario, aumentando la loro efficacia terapeutica e limitandone la presenza nel circolo sistemico, riducendo così gli effetti collaterali.

L’obiettivo è quello di veicolare un farmaco in modo selettivo verso un organo o un tessuto bersaglio, in modo tale da incrementarne l’accumulo in aree patologiche ben definite, sfruttando le differenze biochimiche tra cellule malate e cellule sane, garantendo anche il rilascio prolungato del principio attivo. I sistemi micellari possono anche rispondere a diversi stimoli quali variazioni di pH o di temperatura, oppure essere realizzati in maniera tale da essere degradati lentamente nell’organismo.


Perchè una casa farmaceutica dovrebbe scegliere le micelle come veicolo di un certo principio attivo?


I vantaggi sono molteplici, sia per quanto riguarda le metodiche di preparazione che risultano essere semplici e riproducibili, sia da un punto di vista farmacologico.

Un’importante proprietà delle micelle è la loro capacità di incrementare la solubilità di principi attivi poco solubili in mezzi acquosi, garantendone invece un’elevata biodisponibilità e proteggendo il farmaco incorporato da possibili inattivazioni chimiche o enzimatiche dovute all’ambiente biologico che lo circonda.

In particolare uno dei farmaci più somministrati attraverso il sistema micellare è la doxorubicina (Figura 2), un antibiotico con potenti effetti anti tumorali. Questo chemioterapico è instabile a pH acido, viene degradato nello stomaco a causa dei succhi gastrici e non viene assorbito a livello intestinale, inoltre irrita molto i tessuti con i quali viene a contatto, pertanto viene prediletta la somministrazione per via endovenosa. Purtroppo i chemioterapici sono molto famosi per i loro effetti collaterali, come l’insufficienza cardiaca, la depressione midollare, la cardiotossicità e le alterazioni a carico dell’apparato gastroenterico.

Incapsulare e somministrare la doxorubicina all’interno di strutture micellari permette al principio attivo di superare una serie di sfide come l’insolubilità in ambiente acquoso, la mancanza di un target diretto verso le cellule tumorali, aggirando così la loro resistenza al farmaco, ma soprattutto evitando la tossicità acuta nei tessuti sani, risparmiando al paziente moltissimi degli spiacevoli effetti collaterali elencati in precedenza.

In un recente studio del 2016 si è visto che accoppiare nella stessa micella la doxorubicina e un particolare siRNA (un piccolo RNA interferente), che impedisce l’espressione di alcuni geni necessari alla crescita tumorale, può migliorare sia in vitro sia in vivo l’efficacia della chemioterapia.

Figura 2. Struttura di una micella contenente al suo interno il farmaco Doxorubicina. Image Credit: Giorgia Sed.



Il premio Nobel per la fisica Richard Feynman, negli anni ‘60, illustrò i benefici dei quali la società avrebbe goduto se si fosse stati in grado di manipolare la materia realizzando sistemi dell’ordine del nanometro (tutto ciò che ha dimensioni che si aggirano intorno ad un miliardesimo di metro). Le nanotecnologie hanno creato una rivoluzione nelle scienze fisiche, in ingegneria e in medicina, coniugando nuove possibili applicazioni particolarmente promettenti e registrando risultati significativi nel campo della diagnostica precoce di numerose patologie, nel campo del rilascio modificato di farmaci e nell’area dell’imaging diagnostico-molecolare.


Giorgia Sed

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