È il 9 marzo 2020, quando il Covid-19 rinchiude l’Italia e il resto del mondo in una bolla rossa che costringe i cittadini nelle proprie case. 50 giorni e innumerevoli incontri via Zoom più tardi, eccoci ancora qua: alle prese con incontri di lavoro e lezioni telematiche, a improvvisarci pasticceri ogni giorno, ad allenarci in ogni angolo della casa e a cercare di cambiare come è possibile le nostre più scontate abitudini.
Cambiamento sembrerebbe essere dunque la parola all’ordine del giorno. Ma oltre ad essere percepito all’interno delle nostre case, il cambiamento si avverte anche prendendo una semplice boccata d’aria alla finestra. La modifica della nostra quotidianità sembrerebbe aver avuto, infatti, un effetto non solo sulle nostre vite personali, ma anche su qualcosa di molto più grande: l’ambiente.
Le drastiche misure messe in atto per il Coronavirus sembrerebbero infatti aver avuto un forte impatto indiretto sul nostro pianeta, determinando un calo delle concentrazioni di molti inquinanti atmosferici che, secondo l’ESA (Agenzia Spaziale Europea), sarebbero causa di 400mila morti premature ogni anno in Europa.
Quando ci si approccia a questi argomenti è però molto importante non giungere immediatamente a conclusioni affrettate e facili e soprattutto non parlare di “inquinamento” in termini generali. Osservare piuttosto l’andamento dei singoli inquinanti, che si comportano in modo molto diverso, permette un’analisi decisamente più valida e veritiera:
Se in questi giorni vi è capitato di vedere in tv o online una mappa su come l’inquinamento sia calato dall’inizio di febbraio, quasi certamente raffigurava gli ossidi di azoto: NO (monossido di azoto) e NO2 (biossido di azoto).
Queste miscele sono il prodotto di centrali elettriche, veicoli e altre strutture industriali, perciò la loro diminuzione è facilmente associabile allo stop di tutte le attività produttive e alla minore presenza di veicoli su strada.
Le immagini del satellite Sentinel-5P mostrano ora come i livelli di inquinamento atmosferico da biossido di azoto siano crollati in Francia e in Italia, rispettivamente del 54% e del 45%.
Nella nostra lista di inquinanti atmosferici da tenere sotto controllo, troviamo poi le polveri sottili, piccolissime particelle solide disseminate nell'atmosfera e con dimensioni inferiori a 15 µm. Ma come si formano? Possono avere un'origine sia naturale sia antropica (causata dall'uomo). Tra le cause derivanti dall’attività umana ritroviamo, ad esempio, l'industria, i nuclei domestici, il trasporto stradale e su ferrovia, le centrali elettriche e termiche, la gestione dei rifiuti edili, i processi di combustione industriale. Un esempio sono le polveri PM10 e le ancora più piccole PM2.5.
Per quanto riguarda queste minuscole particelle, la situazione risulta essere meno chiara:
Anche qui sembra esserci stato un leggero calo, ma la complessità dei fenomeni (meteorologici e chimici), che ne influenzano le concentrazioni, non permettono ancora di stabilire la precisa causa. La principale fonte, in questo caso, è il riscaldamento domestico, il cui valore potrebbe essere calato per le elevate temperature del precedente marzo, ma anche aumentato per il maggior tempo trascorso in casa.
Ebbene, la diminuzione delle polveri sottili nell’aria potrebbe essere non solo una conseguenza positiva del coronavirus, ma anche e soprattutto ciò che potrebbe salvarci la vita: nelle scorse settimane sono state infatti avanzate ipotesi sulla possibile correlazione tra inquinamento e pandemia da coronavirus, anche a partire dai casi di Wuhan e della Lombardia. Uno studio di Harvard è il primo a mettere nero su bianco la questione in modo scientifico. Nello specifico lo studio si è soffermato soprattutto a valutare la stretta correlazione tra alti livelli di PM2.5 e i più elevati tassi di mortalità da epidemia Covid-19.
È stato dunque ipotizzato che una persona che vive per decenni in una contea con alti livelli di polveri sottili abbia il 15% in più di probabilità di morire di Coronavirus rispetto a qualcun altro residente in una regione con un'unità in meno di inquinamento da PM2.5. Esiste infatti motivo di ritenere che lo stress ossidativo indotto da PM2.5 possa produrre una forte infiammazione locale, in grado di compromettere gravemente la funzionalità polmonare, complicando ulteriormente il quadro clinico del paziente Covid-19.
Infine troviamo i Gas Serra, gas presenti nell’atmosfera che trattengono il calore emesso dalla superficie terrestre, dall’atmosfera e dalle nuvole. Anche questi possono avere un’origine naturale o, nella maggior parte dei casi, antropica e le loro proprietà causano un fenomeno noto come effetto serra. In questo caso i dati a riguardo sono limitati: èdiminuita la domanda energetica e l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) stima un calo del 5-7% in questo primo trimestre rispetto al 2019.
Tale andamento però sembra essere tanto incoraggiante quanto temporaneo. Alcuni attivisti ambientalisti sperano che, finita l’attuale crisi sanitaria, il mondo finalmente saprà svegliarsi da quel sonno di indifferenza che ci ha condannato dall’inizio dell’epoca industriale e possa quindi approfittarne per ripensare ad alcune modalità produttive, dando maggior importanza, ad esempio, al lavoro da casa e finanziando ulteriormente il settore delle fonti di energia rinnovabili. Altri temono invece che le misure straordinarie per far ripartire l’economia non terranno conto delle conseguenze ambientali, portando come risultato ad un aumento di sostanze inquinanti, che potrebbe anche del tutto annullare l’effetto della riduzione delle ultime settimane.
Per ora, rimaniamo con il messaggio significativo che ci lascia l’era Covid-19, che ci invita a sperare nella fine di un incubo mondiale e nell'avvio di nuove misure atte a proteggere il delicato equilibrio del nostro pianeta, che ci permetteranno di entrare nella prossima era con una consapevolezza maggiore delle responsabilità che abbiamo nei confronti della nostra casa chiamata Terra e della fortuna che ci permette di custodirla.
Alessia Campagnano
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